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04 2009

La Sorbona contro i Centauri

Elsa Dorlin

Traduzione di Andrea Benino

A partire dal movimento anti-CPE della primavera 2006[1], le università mobilitatesi contro le riforme del governo che colpiscono l'università e la ricerca pubblica sono diventate oggetto di una stretta sorveglianza, non solo da parte delle forze statali preposte al mantenimento dell'ordine, ma anche da parte di imprese private di sicurezza, reclutate appositamente per questo compito. Sotto questo punto di vista la Sorbona rappresenta un caso esemplare: mostra infatti la messa in opera di una politica inedita che, in nome della preservazione dell'integrità delle «cose e delle persone» del sito, colpisce la popolazione universitaria (student*, personale BIATOSS[2], personale insegnante). Vero e proprio laboratorio di un nuovo assoggettamento accademico, la Sorbona è sottoposta ad un controllo securitario volto a neutralizzare e a esaurire il movimento di contestazione che si è sviluppato da più di due mesi a questa parte. Da parecchie settimane, dunque, la comunità universitaria entra alla Sorbona sotto un'alta sorveglianza: accolta da uno sbarramento inquietante – all'esterno, la celere e/o i CRS, all'interno, gli agenti di sicurezza del rettorato e gli agenti privati della Centaure Securité.

Se è il comune di Parigi ad essere proprietario della Sorbona dal 1852, è però la Cancelleria – il rettorato di Parigi – ad essere incaricato della gestione del luogo e degli edifici. Dunque, la Cancelleria si appella a imprese di sicurezza private per assistere i bidelli (organici alle università), i pompieri e le proprie guardie giurate. Almeno a partire dal maggio '68, i ministri dell'educazione, dell'insegnamento superiore e della ricerca sono sempre stati riluttanti ad inviare le forze dell'ordine all'interno dei luoghi che dipendono dalla loro autorità. Da molti anni, a questa regola di prudenza (e, tacitamente, di diritto[3]) è venuta sostituendosi una nuova filosofia securitaria il cui obiettivo è sia il controllo della comunità universitaria, e in particolare della popolazione studentesca, ritenuta particolarmente delicata da governare, sia la produzione di un nuovo assoggettamento accademico, in nome della «prevenzione dei rischi».

L'onnipresenza di questi agenti di sicurezza, siano essi funzionari di polizia, agenti giurati incaricati di funzioni di prevenzione dei rischi di igiene e di sicurezza (sotto l'autorità del rettorato di Parigi) o agenti di sicurezza salariati da una da un'impresa privata, è il segno di un profondo cambiamento per quel che riguarda la gestione e lo sradicamento dei conflitti sociali nell'ambito universitario. Il dispositivo di controllo stretto, intrusivo e sospettoso che pesa sulle università costituisce, lo sappiamo, uno dei momenti di una profonda rifondazione dell'università. In nome della modernizzazione dell'insegnamento superiore, le riforme che derivano da una concezione propriamente neoliberale, così spesso analizzate, criticate e denunciate[4], hanno come fondamento la generalizzazione di un principio di concorrenza (tra le università, tra gli insegnanti-ricercatori, tra gli studenti, tra i diplomi). L'imposizione e la generalizzazione di questo principio di concorrenza dipendono, tra gli altri elementi, dalla messa in opera di un dispositivo di sicurezza che ha come funzione l'atomizzazione dei membri della comunità universitaria, lo sradicamento di ogni mobilitazione collettiva, e l'interiorizzazione della politica del “rischio” per ciascuno di essi. Ma di quale rischio si tratta?:

 
Primo livello: rendere invisibile la mobilitazione, delocalizzare la minaccia – Presidi universitari e bidelli:

I luoghi di insegnamento superiore, come tutti gli edifici pubblici, e a maggior ragione se sono classificati come “edifici storici”, sono sottoposti ad un piano di prevenzione attiva dei rischi di incendio (sostenuto dalle leggi che vietano di fumare nei luoghi pubblici, anche a cielo aperto). Ora, prendendo spunto da questa politica di prevenzione, si assiste di fatto alla messa in opera di un dispositivo di sradicamento di quelli che vengono ormai chiamati atti di «degradazione», di «malevolenza» e di «inciviltà», e si autorizzano così i bidelli a rimuovere (o a ordinare agli addetti alle pulizie di rimuovere) striscioni, volantini, manifesti, informazioni,... relativi alle mobilitazioni, spesso immediatamente dopo la loro comparsa.

La Sorbona è, da questo punto di vista, un sito problematico: i suoi meandri di corridoi, le sue scalinate alambiccate, le sue fughe di sale, i suoi passaggi segreti... sono particolarmente difficili da securizzare, cioè da «pulire». Così, a partire dal movimento di contestazione contro il CPE, si è venuto affermando un nuovo costume; quello della chiusura amministrativa. Piuttosto che rischiare una mobilitazione, i presidi e i direttori degli edifici preferiscono interdire semplicemente l'accesso ai siti. Le cosiddette «università bloccate» sono, per la maggior parte del tempo, delle «università chiuse» per motivi di sicurezza. Saranno poi gli scioperanti ad essere accusati, a posteriori, della sospensione di tutte le attività accademiche e amministrative e del fatto che gli studenti sono spinti a abbandonare. Sospensione totale, o quasi... Sappiamo che le nuove disposizioni relative alla LRU, al Plan Licence[5], e alla modifica del decreto sullo statuto degli insegnanti-ricercatori convergono su svariati punti e in particolare sulla valorizzazione delle risorse informatiche. Se la messa in linea di documenti relativi ai corsi (bibliografie, programmi dei corsi, testi di riferimento eccetera), o di interi corsi, gode di un miglior coordinamento pedagogico, essa costituisce ormai un criterio di valutazione dell'insegnamento. È chiaro che ciò permette un insegnamento «a distanza», permettendo così di attendere che le perturbazioni nel sito siano soffocate, a beneficio di chi (insegnanti che non scioperano, studenti privilegiati che beneficiano di materiali e di accessi adatti) si sente «preso in ostaggio» dallo sciopero. In una parola, una sorta di servizio minimo «scelto», in attesa che venga istituzionalizzato dalla nuova politica di attribuzione dei premi e delle promozioni del copro insegnante.    

Inoltre, si comprende facilmente che i dipartimenti e le facoltà che tradizionalmente si mobilitano di più – in questo caso quelli di scienze umane, sociali e politiche - , così come quelli più creativi nell'ambito della comunicazione militante, siano i primi ad essere delocalizzati in nuovi campus, dei quali si vanta la «qualità della vita» accademica, ma dei quali si dimentica di dire che saranno dei luoghi appositamente studiati per prevenire qualsiasi forma di mobilitazione futura. Inoltre, privata dell'accesso al proprio spazio di lavoro, e dunque al suo luogo naturale di presa di coscienza e di mobilitazione sindacale, sociale e politica, la comunità universitaria non ha altra scelta se non quella di esternalizzare le proprie azioni: «corsi all'aperto», azioni simboliche (come il coraggioso Girotondo degli ostinati, in place de l'Hôtel de Ville[6])... L'imperativo di rendere popolare il movimento, al quale ci troviamo sottoposti per attirare l'attenzione del nostro ministro, dell'opinione pubblica, dei mezzi di informazione, è anche una forma di sviamento del diritto di sciopero, proprio da là dove, per definizione, il conflitto infuria: il luogo di lavoro.

 
Secondo livello: garantire la sicurezza di tutti, identificare e sradicare gli “elementi esterni”, dividere la comunità – Rettorato e guardie giurate:

Il piano Vigipirate entra in scena a questo livello. Al minimo volantinaggio sospetto, l'ingresso dell'università viene controllato in nome del piano Vigipirate[7]. Il «pretesto terroristico» rende in questo caso possibile una perturbazione più o meno profonda dell'attività accademica, il controllo sistematico dei luoghi, delle attività e delle persone,[8] con la conseguenza di una privatizzazione dell'accesso alla conoscenza. Le istituzioni dell'insegnamento superiore si trasformano così in erogatori di servizi sul mercato della conoscenza: il controllo delle carte-studente diventa anche lo strumento per far entrare solamente quelle e quelli che si sono garantiti il diritto di iscrizione nell'istituzione in questione, interdicendo così un accesso libero non solo agli insegnamenti, ma anche ai seminari, alle giornate di studio e ai colloqui, tradizionalmente aperti al «pubblico». Ora, questo dispositivo adottato in periodo di crisi è in effetti in fase di test prima di essere totalmente generalizzato: carte-studente magnetiche (tipo monéo e navigo) che garantiscono l'accesso ai siti, alle biblioteche, ai servizi e alle attività universitarie... assicurano contemporaneamente il controllo individualizzato degli spostamenti degli individui, la loro identificazione e la loro localizzazione.

Considerando la mobilitazione universitaria come un «rischio reale», secondo i termini del piano Vigipirate, il dispositivo di controllo attuale impone un clima di continuo attacco nei confronti della comunità universitaria in generale e dei militanti in particolare, ma certamente prepara gli animi per ciò che verrà. L'antagonismo viene sapientemente orchestrato all'interno stesso della comunità universitaria opponendo una minoranza di «disturbatori» (spesso qualificati come «elementi esterni» rispetto all'università - «falsi studenti» - tutte le volte che è in corso un'occupazione ad esempio) alla maggioranza «silenziosa» di utenti/clienti dell'università «presi in ostaggio», turbati dal fatto di non poter seguire i corsi, superare gli esami, ottenere il diploma... Si assiste così alla ridefinizione, o piuttosto alla produzione, di una comunità universitaria inedita («noi» gli attori/collaboratori, utenti e clienti dell'università), che, definendosi attraverso un'esclusione («noi» e «loro»), rinuncia del tutto al senso critico.

Ma qual è la situazione al livello del personale di sicurezza? Il primo effetto del reclutamento massiccio di agenti di sicurezza privati (al momento sono impiegati almeno una cinquantina di agenti privati nel solo sito della Sorbona, ad ogni ingresso e a tutti i piani) è evidentemente una divisione del lavoro di sicurezza tra funzionari pubblici e agenti salariati del settore privato[9]; questi ultimi vengono infatti utilizzati in sito sulla base dell'apertura di un mercato pubblico al quale rispondono delle imprese private di sicurezza, specializzate nella gestione di situazioni di crisi. Prima serie di domande: a quanto ammonta il budget utilizzato dal Rettorato e/o dalle università per questa spesa? Da dove viene questo denaro e chi decide di utilizzarlo in questo piuttosto che in altri modi? Seconda serie di domande: con chi solidarizzano gli agenti pubblici? Perché non con il personale BIATOSS e insegnante in sciopero, dal momento che anche il loro statuto e la loro funzione sono sotto la minaccia di una pura e semplice privatizzazione?

 
Terzo livello: mantenere l'ordine, instillare la paura, privatizzare le università – Lo Stato e Centaure Sécurité, «specialisti nell'analisi dei comportamenti atipici»[10]:

Nata nel 1995, Centaure Sécurité è un'impresa privata di sicurezza con un giro di affari lordo stimato tra i 5 e i 10 milioni di euro[11]. Conta tra i propri clienti le università Paris X Nanterre, Paris V e Paris I, ma anche il Parc Astérix, il Museo Grévin, Yves saint Laurent, Lacoste,... Consultando il suo sito internet si viene a sapere che «per ottimizzare l'efficacia della catena di sicurezza, Centaure propone una soluzione globale sia dal punto di vista delle risorse umane sia da quello dei mezzi tecnici. Si tratta di proporre, dopo uno studio, le soluzioni tecnologiche più avanzate e più adatte ai bisogni e al contesto nei seguenti campi: individuazione di incendi, tele e video sorveglianza, controllo degli accessi, gestione degli orari...». La missione della Centaure Sécurité alla Sorbona è una missione di «rinforzo» degli agenti di sicurezza, funzionari giurati, in un contesto nel quale, secondo la Delegazione Sicurezza del Rettorato, la mobilitazione della comunità universitaria rischia di radicalizzarsi. Inoltre Centaure Sécurité deve sorvegliare che nulla ostacoli il «libero accesso» agli ingressi dell'edificio della Sorbona: il che significa, concretamente, che si occupa di prevenire i «blocchi», nuovo termine per indicare una pratica classica del repertorio delle azioni sindacali: il picchetto. In altri termini, lo «sciopero» è ormai assimilato a un «comportamento atipico» da parte del lavoratore, in questo caso dell'insegnante o dello studente.

Le società di sicurezza private intervengono dunque a questo livello, congiuntamente con le forze anti-sommossa, sulla base di prerogative dubbie o, per meglio dire, totalmente illegali. Oltre alle intrusioni e ai controlli polizieschi ormai sistematici in risposta ad azioni militanti (controllo dell'identità, arresti, denunce...), le dimostrazioni di forza quotidiane che trasformano la Sorbona, ma anche molte istituzioni di insegnamento superiore e di ricerca, in luoghi assediati, fanno parte di un processo generale di criminalizzazione delle mobilitazioni e delle azioni politiche. Ora, se si consulta il testo relativo ai diritti e ai doveri legalmente riconosciuti agli agenti di sicurezza privati, si legge[12]: 1) che essi devono essere chiaramente identificabili (e in particolare che si devono distinguere dalle forze dell'ordine pubbliche) 2) che essi possono procedere ad una ispezione solamente visiva dei bagagli a mano (senza che, d'altra parte, venga precisato se il bagaglio debba o meno essere aperto!...)[13] e, in alcuni casi, a un'ispezione dei bagagli e a una perquisizione fisica delle persone senza il loro consenso 3) e soprattutto... l'articolo 4 dice:

«è interdetto alle persone che esercitano un'attività menzionata all'articolo 1 così come ai loro agenti, di immischiarsi, in qualunque momento e in qualsivoglia forma, nello svolgimento di un conflitto di lavoro o di avvenimenti ad esso correlati. É loro parimenti interdetto di dedicarsi alla sorveglianza relativa alle opinioni politiche, filosofiche o religiose o all'appartenenza sindacale delle persone» (corsivi miei).

 
«La Sorbona è nostra, ci siamo battuti per occuparla, ci batteremo per tenerla…»[14]

Il fatto che degli agenti di sicurezza privati impediscano i picchetti, i «blocchi», le occupazioni o tutte le altre attività militanti adottate nell'Assemblea Generale del personale e degli studenti delle nostre università, cioè che essi rappresentino un rinforzo umano e logistico per l'evacuazione manu militari degli edifici, come per l'identificazione e la schedatura dei sindacalisti e dei militanti, costituisce un grave attentato alle libertà. Questo significa allora che noi vorremmo che questo «lavoro sporco» sia (ri)preso in mano esclusivamente dagli agenti dello Stato? Di fatto la logica continuazione sarà piuttosto l'autonomizzazione delle funzioni di sorveglianza e di controllo (per esempio grazie alla videosorveglianza, alle carte magnetiche e all'installazione di passaggi obbligati e limitati agli ingressi): gli agenti che avranno cristallizzato il nostro malcontento sono anche un'arma psicologica che ha come scopo di abbassare la nostra soglia di tolleranza e, dunque, rappresenta una soluzione transitoria.

La posta in gioco consiste qui nella convergenza delle lotte e nella riaffermazione della libertà accademica. Per ora, la presenza dell'impresa Centaure Sécurité nei siti della Sorbona, come nell'insieme dei siti annessi delle università che ne affittano i luoghi, in nome della sicurezza di tutti, non è solamente scandalosa, ma propriamente illegale. In effetti, dal 9 febbraio 2009, il personale e gli studenti delle università menzionate hanno votato alla maggioranza in Assemblea Generale lo sciopero illimitato e, a questo titolo, sono nel pieno di ciò che costituisce un «conflitto di lavoro». Che cosa giustifica allora il rettorato e i presidi delle università, che in un modo o in un altro avranno ben utilizzato dei fondi e autorizzato la presenza di imprese di questo tipo nel cuore delle istituzioni delle quali hanno la responsabilità, non rispettando, in questo modo, il codice di procedura penale?

Se l'ampiezza del movimento che anima oggi la comunità universitaria e il mondo della ricerca è senza precedenti dal '68, è anche perché ci troviamo a vivere una situazione senza paragoni. L'applicazione programmata, da parte del governo, della «politica del rischio» al mondo del sapere e il suo corollario securitario, costituiscono la condizione di possibilità indispensabile alla sua piena liberalizzazione; costituiscono inoltre la punta più avanzata di un processo di messa al bando di una università e di una ricerca pubbliche, che noi non vogliamo "difendere" o "preservare", quanto piuttosto contribuire a costruire, a cercare e a sperare.


Questo testo è stato redatto nell'ambito del movimento di contestazione che ha visto l'università opporsi alle riforme volute dal governo; movimento che ha mobilitato quasi tutte le università francesi durante l'inverno e la primavera passati.

Questo testo è stato pubblicato, tra l'altro, sul sito web Contretemps, il primo aprile 2009: http://contretemps.eu/interventions/sorbonne-contre-centaures.

 



[1] Il CPE (contrat premiére embauche, contratto di primo impiego) è una legge varata nell'aprile del 2006 e ritirata lo stesso anno in seguito alle proteste studentesche. Si trattava di una legge volta a garantire un miglior inserimento dei giovani al di sotto dei 26 anni nel mondo del lavoro. La legge venne però duramente contestata perché permetteva di fatto il licenziamento senza giusta causa dopo un periodo di "prova" di due anni (nota del traduttore).

[2] Fanno parte del personale BIATOSS i bibliotecari, gli ingegneri, il personale amministrativo, tecnico, e quello preposto ai servizi e alla sanità (ndt).

[3] Comunemente si fa risalire questa interdizione al Medio Evo, quando la Sorbona era sotto la giurisdizione della    Chiesa: la sua giurisdizione non dipendeva dunque dal Re.

[4]  Cfr. in particolare il documentario di Thomas Lacoste, Université le Grand Soir, 2007, L’Autre Association.

[5] LRU (legge relativa alle libertà e alle responsabilità delle università), varata nel 2007, garantisce alle università l'autonomia quanto alla gestione del proprio budget e delle proprie risorse umane e permette alle università di diventare proprietarie dei loro beni immobiliari. Il Plan Licence, varato anch'esso nel 2007, riguarda invece le nuove modalità di organizzazione dei titoli di studio universitari (ndt).

[6] La ronde des obstinés è stata una forma di protesta intrapresa contro la LRU, che consisteva in un presidio permanente nella piazza de l'Hôtel-de-Ville nel 4° arrondissement (ndt).

[7] Cfr. http://fr.wikipedia.org/wiki/Vigipirate. A partire dal 16 dicembre 2008 il piano Vigipirate è al livello rosso «Adottare le misure necessarie per prevenire il rischio reale di uno o più attentati gravi, tra cui misure di protezione delle istituzioni, e mettere in campo i mezzi di soccorso e di risposta appropriati, accettando le limitazioni imposte all'attività sociale e economica».

[8] Ad esempio, controllo dell'identità o degli zaini... ma anche utilizzo di telecamere di sorveglianza… Alla Sorbona, una telecamera di sorveglianza è già presente all'ingresso di rue de la Sorbonne 17 e questo dispositivo verrà sistematizzato e potenziato nei prossimi mesi: aumento della videosorveglianza all'interno degli edifici e registrazione dei dati (cosa che obbligherà il Rettorato ad avvisare gli utenti del sito, secondo le disposizioni del CNIL).

[9] Divisione del lavoro di sicurezza che rinvia più generalmente ad una scala sociale razzializzata: ne è testimone la linea di colore che separa una popolazione universitaria per la maggioranza “bianca” e il personale della Centaure Sécurité presente alla Sorbona, quasi esclusivamente “nero”.

[10] Cfr. il sito internet della Centaure Sécurité: www.centaure-securite.fr.

[11] Cfr. il sito www.kompass.fr

[12] Legge n°83-629 del 12 luglio 1983, modificata dalla legge n°2003-239 del 18 marzo 2003, in particolare art. 1, 2, 3, 4 consultabili sul site www.legifrance.gouv.fr.

[13] Articolo 3.1: «Le persone fisiche che esercitano l'attività menzionata al punto 1° dell'articolo 1 possono procedere all'ispezione visiva del bagaglio a mano e, con il consenso del proprietario, alla sua esplorazione. Le persone fisiche che esercitano l'attività menzionata al punto 1° dell'articolo 1, abilitate specificamente per questo compito con il beneplacito del prefetto del dipartimento o, per Parigi, del prefetto di polizia, alle condizioni previste per decreto in Consiglio di Stato, possono, in caso di circostanze particolari, legate all'esistenza di minacce gravi per la pubblica sicurezza, procedere, con l'espresso consenso delle persone interessate, a perquisizioni fisiche. In questo caso, la perquisizione fisica deve essere fatta da una persona dello stesso sesso della persona che vi è sottoposta. Queste circostanze specifiche sono decretate da un ordine del prefetto che ne fissa la durata e che determina i luoghi o le categorie di luoghi nei quali i controlli possono venire effettuati. Questo ordine è comunicato al Procuratore della Repubblica».