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01 2024

Il potere costituente. La doppia attenzione di Toni Negri

Isabell Lorey

Traduzione di Francesco Salvini

Capodanno 2019, ci riuniamo lentamente con gli amici nella terrazza sul tetto della Casa Azul, venuti da diversi angoli d'Europa per festeggiare insieme il primo dell'anno e partecipare alla presentazione dell'autobiografia di Toni Negri alla Casa Invisible il giorno successivo. Sentiamo Toni respirare affannosamente nella tromba delle scale, salire a fatica i  gradini e arrivare in cima: il suo volto emerge dall'oscurità della scala, un sorriso radioso nei suoi occhi nonostante lo sforzo, che porta con sè una doppia attenzione: rivolta verso il profondo cielo blu e il sole del sud, e allo stesso tempo verso la socialità concreta con gli amici. Proprio come nella quarta tesi di Walter Benjamin sul concetto di storia, eliotropica, attenta al sole, un sole molto specifico, e allo stesso tempo non solo alle "cose rozze e materiali", ma anche a quelle "fini e spirituali" che prendono vita nelle lotte. È questa la duplice attenzione che caratterizzava anche Toni, verso il potere costituente dei movimenti in ascesa e verso la mutua socialità delle relazioni di cura, come la sua fiducia critica e la sua curiosità incondizionata verso le cose grandi e piccole, rozze e fini. Ancora sorridente, Toni si siede a tavola e sbuccia con gioia la sua arancia quotidiana, lì ad aspettarlo.


Le pieghe del potere costituente

Nel settembre 2022, Gerald Raunig ha condotto una lunga intervista con Toni Negri. Nella prima parte dell'intervista, Toni spiega ancora una volta la sua concezione del potere costituente e come esso sia collegato al cambiamento di tutto, cioè alla rivoluzione.[1]

Per comprendere quale sia l'indizio particolare della comprensione di Toni del potere costituente rivoluzionario, è necessario rivisitare la diffusa definizione giuridica del potere costituente. Nell'intervista Toni afferma: "La sua definizione giuridica è quella di un atto sovrano che impone un nuovo ordinamento alla società. Normalmente il concetto di potere costituente è stato formulato come una delle varianti del potere di eccezione: (...) Il potere di eccezione è il potere che ha il sovrano di imporre un ordine". Questo ordine molto spesso è una costituzione scritta, un testo costituzionale. Tale "testo", dice Toni, "viene continuamente rimandato, ricostruito, attraverso la giurisprudenza".

Comune a tutte queste forme di potere giuridico costituente è "la capacità di produrre uno Stato (...) come capacità di continuarlo (... e) come capacità di rinnovarlo nella coerenza con il suo passato". [2]

Tuttavia, esiste un'altra forma di potere costituente che è legata non tanto alle definizioni giuridiche, quanto alle rivoluzioni - nell'intervista Toni fa riferimento alla Rivoluzione francese e alla Rivoluzione russa. Quello che mi interessa qui è il concetto di Toni del potere costituente come forza rivoluzionaria in grado di costruire qualcosa di nuovo, di creare una sorta di contropotere in un "terreno di lotte". In prima istanza è importante che il potere sia inteso qui in modo simile a come fa Michel Foucault, non come qualcosa che una persona possiede, ma come una dinamica "che è prodotta da almeno due attori" in un contesto agonistico. Il potere costituente che non è giuridico non è il potere di uno, ma di molti, un potere comune che "porta a un'alternativa di potere", a forme alternative di convivenza, a condizioni sociali che vanno oltre le attuali forme di subordinazione e sfruttamento, oltre il dominio patriarcale, razzista, colonialista. E, aggiunge Toni,

"Ogni potere definitivo, costituente, è frutto di una lotta: di una lotta che è sempre aperta e di una lotta che deve demolire lo stato e la sovranità, così come posta, per lasciare aperta una respirazione della società. Un potere che quando la democrazia sarà realizzata, quando si arriverà a realizzare effettivamente la democrazia, che non è mai stata realizzata finora, quando non ci sarà più rappresentanza, per esempio, dovrà essere un potere che si media continuamente in maniera diretta nella società, attraverso potenze produttive, attraverso potenze amministrative, attraverso capacità che vengono tolte alla subordinazione dallo Stato e divengono invece così potenze costituenti: processi costituenti continui."[3]

Così, anche quando la Rivoluzione russa viene stata spezzata dalla dittatura staliniana, la forza del potere costituente rivoluzionario rimane, è un processo in corso, a volte più o meno visibile, spesso strisciante sotto la superficie o sul terreno, ma in movimento.

In questo movimento della talpa sopra e sotto terra, per Toni la più grande eruzione è il 1968. "Sessantotto" sta per le molteplici lotte e movimenti di quel momento (che comprende gli anni '70) che ha aperto con una rottura, in molti luoghi del mondo, le società cristallizzate: forze tremende nel loro voler vivere e lavorare in modo diverso, al di là dello sfruttamento e dell'oppressione patriarcale, razzista e capitalista. Il grande significato del '68, secondo Toni, è stato quello di allargare “in maniera fondamentale il concetto di sfruttamento, cioè del 'chi', della soggettivazione dello sfruttamento. (...) Non c'era semplicemente un problema riguardo l’organizzazione capitalista della società. C'era un problema riguardo l’organizzazione generale della società che andava sotto il nome di sovranità di Stato".

È diventato chiaro: c'è una molteplicità di soggetti, non identità collettive, ma singolarità molteplici, che possono unirsi e cooperare, "attraverso un desiderio reciproco", dice Toni, "la moltitudine era (...) una moltitudine caotica, ma un caos che passava non tra degli esseri indefiniti, ma attraverso singolarità di desiderio, di passione, soprattutto di desiderio dell’altro".[4]

Questo ha comportato allo stesso tempo un enorme cambiamento nella comprensione dello sfruttamento e dell'alienazione, allontanandosi dall'idea di vittime passive, verso una nozione di soggetto, o meglio di singolarità legata agli altri, che subisce lo sfruttamento e la discriminazione e allo stesso tempo "lavora, reagisce, resiste e lotta". Negli anni Settanta, le lotte possono essere reinventate come movimenti sociali. Tra i movimenti più significativi ci furono i movimenti femministi eterogenei e "i discorsi anticoloniali". Tutto questo ampliò enormemente "il concetto di un altro mondo possibile". [5]

In quella conversazione registrata, Toni fa riferimento in modo dettagliato all'America Latina e all'importantissimo ciclo di lotte iniziato negli anni '90 con gli zapatisti in Chiapas e che ha legami genealogici con i processi costituenti in Venezuela, Ecuador, Bolivia e Cile, ma sottolineando anche l'importante processo di pace e trasformazione in atto oggi in Colombia - un ciclo in cui le lotte delle persone indigene, femministe, trans e queer hanno giocato e ancora giocano un ruolo decisivo.

In questi processi costituenti di rottura dello sfruttamento e del dominio e dunque di invenzione di altri mondi è molto importante il fatto che il terreno transnazionale delle lotte non è mai standardizzato o uniforme. Il potere costituente si dispiega in direzioni antiautoritarie, nelle nuove forme dei beni comuni, al di là del comunismo sovietico. Questo comporta anche una nuova concezione di classe che si distacca dalla fabbrica e dai tradizionali processi produttivi e comprende le "lotte subalterne" nella loro eterogeneità in un molteplice terreno di lotte di classe.

Il mio libro Democrazia nel presente politico. Una teoria queer-femminista è fortemente influenzato dal pensiero di Toni e soprattutto dal suo concetto di potere costituente.[6] Il libro è stato scritto nel ciclo di lotte dei movimenti democratici e di occupazione degli anni Dieci del nuovo milllennio e dei movimenti di sciopero queer-femminista che emergono in Argentina e in altri paesi dell'America Latina, e anche in Europa, contro il populismo autoritario anti-femminista, anti-queer e trans-fobico.[7]

Uno dei problemi della democrazia liberale che Toni sottolinea più volte è che questa forma di democrazia si basa su una separazione costitutiva tra il politico e il sociale, tra lo Stato e la società (civile). Dall'idea problematica dell'autonomia del politico nasce la necessità della rappresentanza politica, che costituisce la base della promessa irredimibile delle norme liberali di uguaglianza e giustizia. Tuttavia, la specifica divisione democratico-capitalistica del lavoro tra un ambito politico e un ambito sociale,  e il mantenimento di questa forma di democrazia come processo continuo di democratizzazione, non solo implica rinviare la partecipazione completa di tutti i membri della società al futuro. Ciò che deve essere impedito è soprattutto l'autogoverno del demos come "tutto"; la rappresentanza è considerata necessaria; allo stesso tempo, il demos non può diventare presente come molteplicità eterogenea, come moltitudine.

Nel quadro della costituzione giuridica, la democrazia liberale è strettamente legata alla concezione della sovranità popolare, all'autolegislazione del demos come "popolo" e all'idea di nazione. Tale potere costituente, limitato alla legislazione, conta i molti e produce la costituzione in nome del popolo.

Radicalmente diverso è un potere costituente che non addomestica la molteplicità. Parte dalle lotte, va oltre una costituzione in senso giuridico, non è legato a una nazione e a un popolo. È un potere costituente della moltitudine, con tutte le sue differenze. Un tale demos della moltitudine non è limitato dai confini nazionali ed è sempre transnazionale. Non si oppone semplicemente al potere politico costituito e istituzionalizzato come parte di un sistema politico esistente e non emerge da forme istituzionali. Va di pari passo con le diverse pratiche istituenti. La moltitudine di singolarità è in grado di dispiegare questo nuovo potere costituente e, insieme a ciò, altre forme di democrazia. Il processo costituente deve essere un divenire sociale rivoluzionario che - da un punto di vista queer-femminista - pone al centro la cura reciproca e non la esclude più dall'ambito della politica e dell'organizzazione. Quando la democrazia è concepita in termini di dipendenze reciproche e relazioni di cura, non è solo modificata dai corpi e dagli oggetti, ma è anche connessa agli ambienti, agli intorni.


Il potere costituente come concepito ne Il potere costituente

Toni ha sempre insistito su un processo costituente in Europa, un processo che dissolva i nazionalismi violenti e con essi le nozioni assurde legate a caratteristiche nazionali-culturali.[8] Un processo di questo tipo si basa sulle capacità di cura della moltitudine e non chiude i confini dell'Europa. Non è solo un processo antinazionale o transnazionale, ma anche antipatriarcale e decoloniale, lungo il quale si imparerebbe molto dall'America Latina. È un processo che dà origine a una nuova forma di democrazia, antimilitarista e antifascista, che Toni ha sviluppato in un concetto, a partire da un termine piuttosto marginale del pensiero di Spinoza: una democrazia assoluta.

Tale processo costituente smette di interrompere il discontinuo ritmo costituente del divenire rivoluzionario e considera possibile il "divenire rivoluzionario davanti alle costruzioni politiche, all'essere costituito"[9], come scrive Toni nel suo importante libro Il potere costituente. Saggio sulle alternative del moderno, dove sviluppa la sua comprensione del potere e del processo costituente. È stato pubblicato per la prima volta nel 1992 e tradotto in inglese nel 1999.

Partendo dai tre pensatori che lo hanno ispirato nella concezione di un potere costituente non giuridicamente orientato - Machiavelli, Spinoza e Marx - e dalle linee genealogiche che essi tracciano attraverso la teoria politica moderna, Toni mostra nel capitolo finale del suo libro che anch'essi restano radicati in tre componenti centrali del pensiero europeo: l'ideologia della creazione, il diritto naturale come base del sociale e la filosofia trascendentale.

Toni definisce la prima componente delle "dimensioni ideologiche del pensiero occidentale: la tradizione giudaico-cristiana della creatività".[10] È il peso dell'Uno. Sebbene Machiavelli, Spinoza e Marx assumano un ateismo creativo piuttosto che rappresentare posizioni teologiche, essi non sono in grado di "evitare in maniera definitiva quel punto della tradizione giudaico-cristiana nel quale ogni esperienza è ricondotta all'unità", scrive Toni. "Espropriare Dio della sua creatività non è decisivo, se alla creatività lasciamo la caratteristica dell'unità del progetto creativo".[11] L'ideologia secondo cui la creazione emerge solo dall'Uno, che il potere e la forza devono essere collegati all'unità e all'unificazione, significa anche aderire all'idea che esista un "progetto creativo", una finalità, una linearità storica o un progresso continuo. Lungo questo tipo di asse continuo del tempo, la potenzialità e "la potenza della moltitudine … è qui sempre concepita nella figura dell'unità della moltitudine".[12] Tuttavia, la forza della moltitudine non si basa in assoluto semplicemente sul numero; non esiste nella molteplicità numerica, ma nella molteplicità "dei 'molti', cioè nella forza delle singolarità e delle differenze".[13] Seguendo l'idea che i molti debbano diventare uno, la moltitudine può essere pensata in ultima istanza solo come un'unità. Al contrario, comprendere il potere costituente senza una figura politica unificante significa permettere alla potenzialità della moltitudine di manifestarsi nell'azione politica come molteplicità.

Quando Toni intende la moltitudine non come individui isolati e dispersi, ma, seguendo Gilles Deleuze e Félix Guattari, come singolarità che sono contemporaneamente uniche e in relazione con gli altri e con il loro ambiente, diventa chiaro che attribuire un potere costituente alla moltitudine non significa semplicemente che i molti dispersi che non formano un popolo, che perseguono i loro interessi particolari nella sfera privata, debbano ora finalmente essere organizzati politicamente. La moltitudine delle incontabili singolarità costituenti è una figura composita che non consente la logica dell'autonomia del politico; corrisponde al demos indeterminato che non può essere determinato come popolo.[14] Una tale comprensione della moltitudine rompe la separazione tra il politico e il sociale, poiché le singolarità, nelle loro dipendenze e affezioni reciproche, non possono mai essere situate al di là del sociale.

Nella seconda componente problematizzata da Toni nel suo libro, il potere costituente è inteso in termini di diritto naturale come una forza prima della legge, prima della costituzione. Questa è una delle idee tradizionali della teoria costituzionale: i molti dispersi si riuniscono con le loro facoltà individuali e uniscono le loro forze per darsi una costituzione. Qui al contrario c'è un potere costituente - che è ciò che mi interessa qui, seguendo Toni - che non è prima della legge nel senso di esserne un'origine: non è un inizio, la sua storia non è lineare, e non è composto in modo additivo. È eccessiva e senza misura e non si orienta primariamente sul diritto. Non è genuinamente giuridica e non sfocia inevitabilmente in una costituzione. È costituente nella misura in cui si distacca dalla tradizione del costituzionalismo.

La terza componente che emerge costantemente nei dibattiti sul potere costituente è la sua dissipazione. Per domare il potere costituente delle singolarità molteplici in quanto moltitudine, questo potere viene individualizzato e distribuito tra individui separati, privatizzati e particolarizzati. Disassemblato e separato in questo modo, non è più capace di un'azione politica collettiva; privato della sua relazione sociale, diventa una quantità disassociata di interessi privati che non possono essere organizzati politicamente. Questa individualizzazione costituisce quindi la base dell'idea secondo cui, per agire con efficacia politica, gli individui dispersi dovrebbero unirsi, in un secondo passaggio, per formare un soggetto collettivo e unito - come se all'inizio ci fosse l'individuo autonomo disperso, come se le singolarità eterogenee fossero disperse come individui separati dagli altri, senza affezioni, contesti o dipendenze.

La teoria politica femminista ha problematizzato ripetutamente l'idea maschilista di autonomia e libertà. Esiste una fantasia liberale secondo cui gli individui possono sempre potenzialmente trovare una collettività, che è in definitiva possibile per individui separati, in determinate circostanze, unirsi alla rivoluzione e formare una forza costituente che sospende la legge. Ma in questa fantasia, come Toni sottolinea, la morale ha la priorità sul politico, per cui il potere costituente è separato "nella vuota intenzionalità individuale".[15]

La democrazia liberale vive delle lotte per estendere l'applicabilità di leggi e norme quali l'uguaglianza e la libertà. Questa promessa orientata al futuro di un progresso potenzialmente infinito di democratizzazione si basa sull'individualizzazione del potere costituente e sulla logica che solo soggetti uniti possono agire con una efficacia politica. Nella modalità di rappresentanza che è inevitabilmente concomitante a questa logica, il potere costituente di molteplici singolarità costituenti scompare nella corrispondente forma di organizzazione crono-politica. Per durare, in questa logica rappresentativa, ogni movimento sociale emergente deve, in un successivo passaggio cruciale, portare a una forma di organizzazione rappresentativa. In questo caso, il potere costituente non è mai riuscito "a liberarsi pienamente del concetto progressivo del moderno, dalla sua trama di razionalità".[16] Il paradigma dell'unità e dell'individualizzazione rimane legato alla narrazione lineare del tempo come progresso. La discontinuità, l'eventualità e la contingenza sono screditate da una superficiale continuità legata alla visibilità.

Concepire la potenzialità della moltitudine come potere costituente al di là del costituzionalismo e della linearità implica una comprensione della democrazia diversa da quella della sua forma liberale. Quando la democrazia è concepita nel senso di Toni, senza la rappresentanza costituzionale del popolo come "espressione onnilaterale della moltitudine",[17] il demos eterogeneo non può più essere contenuto nella costituzione (come potere costituito) e ignorato come potere costituente.

Per comprendere il potere costituente nella sua forma radicale, è necessario rompere la forma liberale e borghese di democrazia, basata sulla separazione tra un ambito politico e un ambito sociale, una sfera del pubblico e una del privato - basata su binari di genere etero-patriarcali. Significa anche rompere la fobia strategica nei confronti della moltitudine, la paura da cui nasce la filosofia politica occidentale. La moltitudine non può più essere trattata secondo il dettame della "questione sociale", che viene sempre posta a problema quando le condizioni di dominio minacciano di diventare instabili e la rivolta dei poveri, dei precari, dei senza voce sembra avvicinarsi; quando, nell'ordine dominante, la moltitudine non può più essere ridotta al sociale e il privato separato dal politico, diffamato in quanto passione irrazionale, in quanto avventato, irresponsabile e imprevedibile, come una folla selvaggia che solo può essere penetrata, dominata e categorizzata dalla razionalità politica (maschilista).

In una concezione non costituzionalista del potere costituente, il processo della costituzione non è mai completo;[18] si tratta di un divenire della democrazia nel presente. L'attenzione non si concentra su una costituzione esterna, ma sul processo dell'autocostituirsi; non su un soggetto di rappresentanza, ma sulle modalità democratiche della soggettivazione.

Il potere costituente in questa forma più avanzata implica  stabilire delle possibilità e delle procedure all'interno e al di là del potere costituito tradizionalmente inteso, e al di fuori ma anche all'interno degli apparati statali istituiti, sperimentando modelli organizzativi, forme collettive e modalità di soggettivazione che resistono - almeno per un po' - alla sottomissione. Pur non rompendo con ogni forma di potere costituito, questo nuovo potere costituente dispiega nuove relazioni e altri modi di istituire - non in un regno separato del giuridicamente politico, ma piuttosto inestricabilmente legato alle questioni della riproduzione sociale e della cura.

Rompendo la divisione di genere tra sfera pubblica e privata, rifiutando l'autonomia del politico, liberando il potere costituente dai limiti della legge e rifiutando la figura di un soggetto borghese capitalista, autonomo e legato all'identità, si può praticare una democrazia svincolata dal primato della rappresentanza. Si tratta di una democrazia il cui demos non può essere rappresentato come un popolo, ma si dispiega invece come una molteplice moltitudine. La democrazia moltitudinaria rompe le pastoie addomesticate e violente del privato e permette alle pratiche locali quotidiane di emergere come politiche, pratiche che, nella loro relazione con gli altri e nella loro dispersione, non sono considerate politiche nella logica liberale. Una democrazia di questo tipo non può essere esatta o messa in pratica all'interno di un quadro politico liberale, poiché il suo obiettivo è quello di trasformare radicalmente proprio questo quadro. Si tratta di una democrazia che non è sostenuta da individui autonomi, ma che emerge dalle connessioni e dalle affezioni nel loro materializzarsi storico. In innumerevoli inizi e ripetizioni, a livello micropolitico prende forma in soggettivazioni che non comportano il divenire di soggetti identitari e in relazioni sociali che sono in grado di condensare e istituire anche ai livelli amministrativi e organizzativi. Rompe la discriminazione basata su categorie identitarie quali la classe, il genere, la sessualità e la "razza" e si oppone alla valorizzazione della differenza. È una forma di democrazia che rifiuta i processi di stabilizzazione del genere proprie del patriarcato eteronormativo e bianco e che contrasta le relazioni di sfruttamento neoliberali. Attualizza e sostiene la vita precaria in una nuova forma di democrazia, che io chiamo "democrazia presentista".


Immunizzazione costituente

Circa quindici anni fa, nel mio libro Figuren des Immunen, avevo già applicato il concetto di potere costituente di Toni per rompere una concezione dell'immunizzazione basata su di dominio-e-sicurezza .[19] Avevo cercato di mostrare come governare attraverso la normalizzazione e l'immunizzazione implichi la securitizzazione politica di una comunità, una comunità come nazione per esempio, con dinamiche di appartenenza, confini, minacce, calcoli del rischio, integrazione. Qui l'immunizzazione assicura il dominio. Non solo la lotta contro una pandemia funziona secondo una logica dell'immunizzazione individuale e collettiva. Se usiamo un'accezione politica del termine, la salvaguardia di una comunità funziona in generale allontanando le minacce e calcolando i rischi - per legittimare le strategie di governo e assicurare il dominio. La vita deve rimanere nella precaria. Il rischio residuo è un prerequisito per stabilire meccanismi di sicurezza sempre nuovi. Questo, ancora una volta, si basa su una precarietà indotta politicamente ed economicamente che comporta tutte le incertezze derivanti dalle immunizzazioni - in senso lato: ansie, discriminazioni e ferite nei rapporti di disuguaglianza.

Per contrastare e superare questa logica di immunizzazione che perpetua il dominio, ho utilizzato il concetto di potere costituente di Toni, costituente nel senso di costruire e creare, e ho proposto una figura sovversiva dell'immune: l'immunizzazione costituente. L'immunizzazione costituente riguarda una comprensione dell'immunizzazione lontana dai suoi significati quotidiani. Invece di un movimento di incorporazione e integrazione in un corpo politico già costituito, la parola latina immunio può essere usata anche per evidenziare il movimento del costituirsi al di là di una logica giuridica di sovranità. "Immunizzazione costituente" significa allora una pratica di istituire, un atto creativo e istituente.

Sottolinea un ordinamento rinnovato in cui la salvaguardia del corpo politico non è più la posta in gioco, ma piuttosto lo è il costituirsi di coloro che prima erano costruiti come una minaccia. Questa forma resistente dell'immune rompe con le dinamiche di immunizzazione in cui il dominio politico ed economico funzionalizzano la minaccia precaria in modi diversi.

Immunizzazione costituente significa l'autocostituirsi del precario nel e in quanto esodo.[20] Nella genealogia del (post)operaismo, l'esodo come disobbedienza radicale è una fuga, la condizione per il costituirsi, e il "ritorno" nel territorio del precedente dominio.[21] Un esodo comune dellə subalternə che mette radicalmente in discussione le relazioni di dominio esistenti. Non si tratta di un esodo dalle relazioni di dominio verso un esterno assoluto, ma il costituirsi di una potentia comune per dinamizzare di nuovo relazioni di potere esistenti e lottare per condizioni sociali emancipatrici.

Il rifiuto di obbedire in questo senso è una pratica produttiva. La sua produttività si riferisce al costituirsi, alla composizione, alla forza centrifuga. Il potere costituente è la capacità di composizione, di (auto)organizzazione nell'esodo.

Come ho spiegato all'inizio: il potere costituente è una forza rivoluzionaria che è in grado di costruire qualcosa di nuovo, di creare una sorta di contropotere in un "terreno di lotte". Quindi, da un lato, abbiamo un piano di immanenza, perché in un esodo, in una fuga e in una diserzione, non c'è la scoperta di un terreno completamente nuovo. Piuttosto c'è un ritorno al territorio del dominio precedente. D'altra parte, attraverso la deterritorializzazione dell'esodo, il territorio viene deformato, per cui è chiaro che non si può tornare allo stesso territorio di dominio. Reterritorializzazione, "ritornare" significa non solo riprendere il vecchio apparato statale, ma istituirne uno nuovo, trasformando le forme istituzionali date.

Il con in costituente non è orientato verso una comunità, una com-munitas, ma verso il comune che si trova nella ricomposizione e nella cooperazione. L'immunizzazione costituente è un processo in cui spontaneità e organizzazione non sono separate l'una dall'altra; è una simultaneità di inizio e durata. Questo processo costituente può continuare solo quando è portato avanti da pratiche istituenti.[22] Il ricominciare, in questo tipo di processo continuo, corrisponde a una rottura ricorrente, che crea una breccia che permette nuove possibilità di azione. Tuttavia, questo costituirsi processuale non si oppone a un potere costituito, ma piuttosto si elaborano nuove forme di potere costituito (mandati dipendenti, come i consigli o le istituzioni del comune) per permettere a ciò che si costituisce di manifestarsi.

Le istituzioni del comune non vengono create dal nulla, e nemmeno semplicemente occupando le istituzioni esistenti; devono essere trasformate fin dal primo momento. Ma questo richiede una disponibilità radicale a nuove forme di organizzazione in cui le pratiche costituenti dei movimenti siano tradotte e portate avanti.

In questo senso e con l'aiuto del pensiero politico e complesso di Toni, possiamo comprendere il potere costituente non come un atto unico, un processo limitato che produce il testo giuridico di una nazione sovrana, ma come un processo incompiuto: un processo di invenzione che non è guidato dall'interesse di contenere l'eterogeneità radicale della moltitudine nell'identità di un popolo nazionale. È un potere senza popolo, un potere che non si presta al populismo, un potere completamente incapace di cedere alle tentazioni populiste. Il processo costituente della moltitudine corrisponde invece a una rivoluzione sociale discontinua e duratura che pone di nuovo al centro le questioni della riproduzione sociale e della cura.


Attenzione ed eliotropismo

E questa era la quarta tesi di Walter Benjamin:

"La lotta di classe, che è sempre davanti agli occhi di uno storico che si è formato su Marx, è una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non si dànno cose fini e spirituali. Queste ultime, però, sono presenti nella lotta di classe altrimenti dall’idea di una preda che tocca al vincitore. In questa lotta esse sono vive come fiducia, coraggio, gaiezza, astuzia, perseveranza, e operano a ritroso nella lontananza del tempo. Esse metteranno sempre di nuovo in discussione ogni vittoria che mai sia toccata a chi è al potere. Come i fiori volgono il capo verso il sole, così, per un eliotropismo di natura misteriosa, ciò che è stato tende a rivolgersi verso quel sole che sta per sorgere nel cielo della storia. Di questo, che tra tutti i mutamenti è il meno appariscente, deve intendersi il materialista storico."

Formatosi con la filosofia di Marx e Spinoza e assieme a Deleuze e Guattari, l'opera di Toni, come la sua vita in generale, insiste su quella doppia ed eliotropica inclinazione, propensione, tendenza: attenta alle grandi lotte e ai movimenti sociali, ma anche - in una svolta quasi queer-femminista verso la molteplicità delle relazioni di cura - alle piccole cose che si animano, con la sua fiducia incrollabile e la sua curiosità incondizionata, nelle macchinarsi del potere costituente. Questo eliotropismo non è poi tanto un mistero: può essere praticato anche senza un messia e senza un dio del sole. E in ogni tempo-adesso che viene, l'eredità di Toni continuerà a rivolgersi al potere costituente del movimento "che sta salendo nel cielo della storia".

 

 

 

[1]Si veda anche il mio contributo alla serie audio sui 90 anni di Toni Negri "Tribute to Toni Negri" da aprile a luglio 2023, pubblicata su transversal.at: https://transversal.at/tag/tribute-to-toni-negri.

[2]Gerald Raunig, "Conversazione con Toni Negri", parte 1, transversal audio, marzo 2023, https://transversal.at/audio/negri-conversation1

[3]Ibidem.

[4]Ibidem.

[5]Ibidem.

[6]Isabell Lorey, Democracy in the Present. A Queer-Feminist Theory, Londra: Verso 2022.

[7]Verónica Gago et al, 8M Constelación feminista, Buenos Aires: Tinta Limón 2018, https://transversal.at/books/8m; Verónica Gago, Feminist International, Londra: Verso 2020.

[8]Antonio Negri, Raúl Sánchez Cedillo, "Per un'iniziativa costituente in Europa", transversal, 2015, https://transversal.at/tag/for-a-constituent-initiative-in-europe.

[9]Antonio Negri, Il potere costituente. Saggio sulle alternative del moderno, Manifestolibri 2002, 363.

[10]Ibidem, 351.

[11]Ibidem, 352.

[12]Ibidem.

[13]Ibidem.

[14]Michael Hardt e Antonio Negri, Assembly, Oxford: Oxford University Press 2017, 42-46.

[15]Negri, Il potere costituente, 356.

[16]Ibidem.

[17]Ibidem, 368.

[18]Antonio Negri, "Repubblica costituente", in Revolutionary Writing: Common Sense Essays in Post-Political Politics, ed Werner Bonefeld, New York: Autonomedia 2003, 243-253.

[19]Isabell Lorey, Figuren des Immunen. Elemente einer politischen Theorie, Zürich and Berlin: diaphanes 2011, 281-291; per una sintesi degli aspetti principali si veda Isabell Lorey, "Politics of Immunization and the Precarious Life", in Dance, Politics, and Co-Immunity. Current Perspectives on Politics and Communities in the Arts, a cura di Gerald Siegmund e Stefan H. H. Gerald Siegmund e Stefan Hölscher, Zürich and Berlin: diaphanes, 2013, 265-276; e anche Isabell Lorey, "Constituent Immunization Instead of Self-Immunizing Communities", contributo testuale per New Alphabet: Community, 9 dicembre -11thth , 2021, https://newalphabetschool.hkw.de/constituent-immunisation-instead-of-self-immunizing-communities/

[20]Michael Hardt e Antonio Negri, Empire, Cambridge, MA e Londra: Harward UP 2000, soprattutto "Being-Against: Nomadism, Desertion, Exodus", 210-214; Paolo Virno, Exodus, Wien: Turia+Kant 2010; Isabell Lorey, "Attempt to Think the Plebeian: Exodus and Constituting as Critique", transversal. multilingual webjournal: "the art of critique", 2008, https://transversal.at/transversal/0808/lorey/; Isabell Lorey, "Presentist Democracy. Exodus and Tiger's Leap", blog transversale, 2014, https://transversal.at/blog/Presentist-Democracy.

[21]Lorey, Figuren des Immunen, 36-51 e 307-313.

[22]Gerald Raunig, "Instituent Practices: Fleeing, Instituting, Transforming", transversal. multilingual webjournal: "do you remember institutional critique", 2006, https://transversal.at/transversal/0106/raunig/en; Gerald Raunig, "Instituent Practices, No.2: Institutional Critique, Constituent Power, and the Persistance of Instituting", transversal. multilingual webjournal: "extradisciplinaire", 2007, https://transversal.at/transversal/0507.

[23]Walter Benjamin, "On the Concept of History", in Selected Writing, 4: 1938-1940, ed. Howard Eiland e Michael W. Jennings, Cambridge, MA: Belknap 2006, 389-400. http://www.sciacchitano.it/Tempo/Sul%20concetto%20di%20storia.pdf